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Uguaglianza di impiego nel diritto del lavoro giapponese: Obblighi legali delle aziende riguardo alla parità di genere e alle persone con disabilità

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Uguaglianza di impiego nel diritto del lavoro giapponese: Obblighi legali delle aziende riguardo alla parità di genere e alle persone con disabilità

Nell’ambito della gestione aziendale moderna, il rispetto della compliance rappresenta un elemento fondamentale per mantenere la sostenibilità dell’attività e il valore dell’impresa. Questo è particolarmente vero per le aziende che operano a livello globale, per le quali una profonda comprensione dei sistemi legali dei paesi in cui operano, e in particolare del diritto del lavoro, è essenziale. Il sistema giuridico del lavoro in Giappone pone grande enfasi sulla garanzia dell’uguaglianza nell’impiego, imponendo alle aziende obblighi rigorosi. Comprendere con precisione questi obblighi legali e rifletterli nella gestione delle risorse umane non solo aiuta a evitare rischi di controversie legali, ma è anche di vitale importanza per creare un ambiente di lavoro in cui diversi talenti possano prosperare, aumentando così la competitività dell’impresa. Questo articolo si concentra sul nucleo dell’uguaglianza di impiego sotto il diritto del lavoro giapponese, ovvero l’uguaglianza di genere e l’eliminazione della discriminazione nei confronti dei lavoratori disabili. In particolare, esamineremo i quattro temi principali: il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne stabilito dalla Legge sulle Norme del Lavoro giapponese (Japanese Labor Standards Act), l’ampia parità di opportunità definita dalla Legge giapponese sull’Uguaglianza di Opportunità di Impiego tra Uomini e Donne (Japanese Equal Employment Opportunity Law), e il divieto di trattamenti discriminatori insieme all’obbligo di fornire accomodamenti ragionevoli secondo la Legge giapponese per la Promozione dell’Impiego dei Disabili (Japanese Act on Employment Promotion of Persons with Disabilities), analizzando le relative leggi e casi giurisprudenziali per delineare gli obblighi legali che i dirigenti aziendali e i responsabili legali devono osservare.

Il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne nel diritto del lavoro giapponese

Fondamento legale: Articolo 4 della Legge giapponese sulle Norme del Lavoro

Nel sistema giuridico del lavoro giapponese, la disposizione più fondamentale che garantisce l’uguaglianza salariale tra uomini e donne si trova nella Legge giapponese sulle Norme del Lavoro. Questa legge disciplina le condizioni di lavoro fondamentali dei lavoratori e il suo articolo 4 stabilisce chiaramente che “il datore di lavoro non deve discriminare in termini di retribuzione sulla base del fatto che il lavoratore sia una donna”. Questa disposizione incarna il principio di “uguaglianza sotto la legge” garantito dall’articolo 14 della Costituzione giapponese nel campo dell’impiego, in particolare per quanto riguarda le condizioni di lavoro specifiche come la retribuzione. Ha lo scopo di correggere le storiche disparità salariali tra uomini e donne e migliorare la posizione economica delle lavoratrici.

Ambito del “trattamento discriminatorio”

L’ambito della “retribuzione” soggetta al divieto di “trattamento discriminatorio” previsto dall’articolo 4 della Legge giapponese sulle Norme del Lavoro è ampio. Ai sensi dell’articolo 11 della stessa legge, include non solo lo stipendio base, ma anche bonus, varie indennità (come l’indennità familiare o per l’alloggio) e tutto ciò che il datore di lavoro paga al lavoratore come contropartita per il lavoro svolto, indipendentemente dalla denominazione.

Il “trattamento discriminatorio” comprende non solo il trattamento sfavorevole delle lavoratrici rispetto ai lavoratori maschi, ma anche il trattamento favorevole. Lo scopo della legge è vietare qualsiasi differenza basata sul genere. Tuttavia, questo principio non proibisce tutte le differenze salariali. Le differenze di retribuzione basate su motivi ragionevoli come il contenuto del lavoro, le competenze, l’efficienza, l’esperienza e l’anzianità di servizio di ciascun lavoratore non rientrano nel trattamento discriminatorio vietato dall’articolo 4. Ciò che è proibito è stabilire differenze salariali basandosi esclusivamente o in modo determinante sul fatto che il lavoratore sia una donna.

Analisi di un caso giurisprudenziale: Il caso della Banca di Iwate

Per comprendere come il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne sia effettivamente applicato, è importante analizzare il caso giurisprudenziale della Banca di Iwate (sentenza del Tribunale Superiore di Sendai del 10 gennaio 1992).

In questo caso, è stato contestato il regolamento salariale della banca. La banca erogava un’indennità familiare ai “dipendenti capofamiglia”, ma quando marito e moglie lavoravano entrambi, considerava il marito come capofamiglia indipendentemente dal suo reddito, e non erogava l’indennità alla moglie, che era una dipendente donna. La banca sosteneva che il criterio di “capofamiglia” fosse indipendente dal genere. Tuttavia, il tribunale ha stabilito che l’applicazione di questo criterio, in realtà, portava a un trattamento sfavorevole delle dipendenti donne basato sul genere, violando così l’articolo 4 della Legge giapponese sulle Norme del Lavoro.

Questo caso fornisce importanti indicazioni per le aziende nella gestione del personale e del lavoro. Anche se un regolamento interno o una politica aziendale possono sembrare neutrali in termini di genere, se la loro applicazione o l’effetto sostanziale comportano svantaggi per un determinato genere, possono essere considerati discriminazioni illegali. Le aziende devono quindi esaminare attentamente non solo il linguaggio dei loro sistemi di retribuzione e dei criteri di erogazione delle indennità, ma anche l’impatto che questi hanno nella pratica, assicurandosi di evitare discriminazioni involontarie.

Garantire Pari Opportunità e Trattamento tra i Generi sotto la Legge Giapponese

Fondamento Legale: La Legge Giapponese sull’Uguaglianza di Opportunità di Impiego tra Uomini e Donne

La legge centrale che garantisce l’uguaglianza tra uomini e donne in tutte le fasi della gestione dell’impiego, al di là della retribuzione, è la “Legge sull’Assicurazione dell’Uguaglianza di Opportunità e di Trattamento tra Uomini e Donne nell’Impiego”, comunemente nota come la Legge Giapponese sull’Uguaglianza di Opportunità di Impiego tra Uomini e Donne. Questa legge proibisce la discriminazione basata sul genere in tutti gli aspetti dell’impiego, dalla ricerca e assunzione dei lavoratori fino alle dimissioni e ai licenziamenti.  

Il divieto di discriminazione diretta

Le Sezioni 5 e 6 della Legge sull’Uguaglianza delle Opportunità di Impiego tra Uomini e Donne in Giappone vietano esplicitamente trattamenti discriminatori basati direttamente sul genere. Le azioni proibite sono dettagliate nelle linee guida del Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare, e le aziende devono astenersi rigorosamente da tali comportamenti.

Nel processo di reclutamento e assunzione, è vietato escludere un genere dall’ambito di ricerca (esempio: “Si cercano solo uomini per il ruolo di venditore”), stabilire condizioni di assunzione diverse per uomini e donne (esempio: richiedere alle sole donne di essere nubili) o porre domande solo alle donne riguardo a piani di matrimonio o gravidanza durante i colloqui di lavoro.

Per quanto riguarda l’assegnazione, la promozione e la formazione, sono esempi tipici di violazione il limitare l’assegnazione a determinati incarichi (esempio: ruoli chiave) solo agli uomini, relegando le donne esclusivamente a compiti ausiliari, modificare i criteri di promozione in base al genere o negare a un genere le opportunità di partecipare a corsi di formazione per manager.

Anche in termini di benefici aziendali, non è permesso stabilire condizioni diverse per uomini e donne in misure come la concessione di alloggi o il prestito di fondi per la vita quotidiana.

Inoltre, anche nelle fasi che riguardano la conclusione del rapporto di lavoro, come l’incoraggiamento al pensionamento, l’età pensionabile, il licenziamento e il rinnovo del contratto di lavoro, la discriminazione basata sul genere è severamente proibita. Ad esempio, è illegale mirare solo alle donne per l’incoraggiamento al pensionamento durante la razionalizzazione aziendale o stabilire un’età pensionabile diversa per uomini e donne. In passato, esisteva la pratica di impostare un’età pensionabile diversa per i due sessi, ma la Corte Suprema ha giudicato che tale discriminazione è contraria all’ordine pubblico e al buon costume secondo l’articolo 90 del Codice Civile giapponese e quindi invalida (sentenza della Corte Suprema del 12 marzo 1979 (1980)).

Il divieto di discriminazione indiretta sotto la legge giapponese

In Giappone, la Legge sull’Uguaglianza delle Opportunità di Impiego tra Uomini e Donne vieta non solo la discriminazione diretta, ma anche forme più subdole di discriminazione, note come “discriminazione indiretta”. La discriminazione indiretta, come definita dall’articolo 7 della Legge giapponese sull’Uguaglianza delle Opportunità di Impiego tra Uomini e Donne, si riferisce a misure che, pur non basandosi esplicitamente sul genere, risultano in uno svantaggio significativo per un sesso rispetto all’altro e non sono giustificate da ragioni valide. Questa disposizione si distingue per il suo focus sugli “effetti” delle politiche aziendali, indipendentemente dall’intento discriminatorio.

Attualmente, un’ordinanza del Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare giapponese specifica che le seguenti tre pratiche possono costituire discriminazione indiretta:

  1. Richiedere altezza, peso o forza fisica nei processi di reclutamento e assunzione dei lavoratori.
  2. Richiedere la disponibilità a trasferirsi, che comporta un cambio di residenza, nei processi di reclutamento e assunzione, promozione o cambio di mansione dei lavoratori.
  3. Richiedere esperienza di trasferimento per la promozione dei lavoratori.

Consideriamo, ad esempio, un’azienda con operazioni a livello nazionale che impone come requisito per la promozione a ruoli manageriali “l’esperienza di trasferimento con cambio di residenza”. Sebbene questo requisito non specifichi esplicitamente il genere, potrebbe essere più difficile da soddisfare per le donne, che tradizionalmente assumono maggiori responsabilità domestiche, come la cura dei figli o degli anziani. Se l’azienda non può dimostrare che l’esperienza di trasferimento è veramente essenziale per l’esecuzione del lavoro manageriale da un punto di vista oggettivo, tale requisito potrebbe essere considerato una discriminazione indiretta illegale. Pertanto, le aziende sono tenute a riesaminare costantemente la razionalità e l’impatto di genere delle loro politiche di personale, anche quando queste sono state tradizionalmente accettate senza contestazioni.

Divieto di trattamenti svantaggiosi basati su matrimonio, gravidanza o parto secondo la Legge Giapponese

La Legge Giapponese sull’Uguaglianza di Opportunità di Impiego tra Uomini e Donne vieta espressamente trattamenti svantaggiosi basati su matrimonio, gravidanza, parto o congedo per maternità previsto dalla legge, come stabilito nell’articolo 9. In particolare, è proibito licenziare o altrimenti svantaggiare le lavoratrici per motivi legati al matrimonio, alla gravidanza, al parto o all’acquisizione del congedo per maternità legalmente riconosciuto.  

Il termine “trattamenti svantaggiosi” include non solo il licenziamento, ma anche la declassificazione, la riduzione dello stipendio, trasferimenti svantaggiosi o la non rinnovazione del contratto (cessazione dell’impiego).  

Particolarmente degno di nota è il regolamento che riguarda il licenziamento di lavoratrici incinte o che non hanno superato un anno dal parto. Tali licenziamenti sono considerati nulli a meno che il datore di lavoro non dimostri che il licenziamento non è basato sulla gravidanza o sul parto. Questo trasferisce l’onere della prova sul datore di lavoro, rappresentando una regolamentazione estremamente rigorosa. Quando un’azienda deve licenziare una lavoratrice durante questo periodo, è richiesta una cautela estrema, dovendo fornire prove oggettive che il licenziamento non sia in alcun modo correlato alla gravidanza o al parto.  

Proibizione del trattamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità

Base legale: Legge sulla Promozione dell’Impiego dei Disabili in Giappone

La legge fondamentale per garantire l’uguaglianza nell’impiego delle persone con disabilità è la “Legge sulla Promozione dell’Impiego dei Disabili”, ovvero la Legge sulla Promozione dell’Impiego dei Disabili in Giappone. Con la riforma legislativa del 2013, a partire dal 1 aprile 2016 (Heisei 28), è diventato un obbligo legale per i datori di lavoro vietare la discriminazione basata sulla disabilità nel campo dell’impiego.

Questa legge proibisce la discriminazione nelle fasi di reclutamento e assunzione all’articolo 34, e la discriminazione nella determinazione dei salari, nell’attuazione della formazione, nell’uso delle strutture di welfare e in altri trattamenti all’articolo 35. Queste disposizioni si applicano a tutti i datori di lavoro, indipendentemente dalle dimensioni o dal settore dell’azienda.

Esempi concreti di trattamento discriminatorio proibito

Il “trattamento discriminatorio” proibito dalla legge è quello di negare ingiustificatamente opportunità di assunzione o di stabilire condizioni di lavoro svantaggiose basandosi esclusivamente sulla presenza di una disabilità. Specificamente, sono proibiti atti come rifiutare la candidatura di una persona solo perché disabile o richiedere capacità non necessarie per l’esecuzione del lavoro (ad esempio, richiedere una patente di guida a un candidato in sedia a rotelle per una posizione d’ufficio), escludendo così i disabili.

Dopo l’assunzione, stabilire un salario inferiore per i lavoratori con disabilità rispetto a quelli senza disabilità che svolgono lo stesso lavoro, o escluderli uniformemente dalle opportunità di aumento di stipendio o promozione, costituisce un chiaro trattamento discriminatorio. È altresì proibito assegnare i disabili solo a compiti ausiliari senza considerare le loro capacità o idoneità, o negare loro le opportunità di formazione che altri dipendenti ricevono.

Tuttavia, le misure volte a promuovere attivamente l’assunzione di persone con disabilità, come la pubblicazione di offerte di lavoro esclusivamente per disabili, sono riconosciute come “misure di azione positiva” volte a correggere la discriminazione e non sono considerate discriminazione vietata dalla legge.

L’obbligo di fornire accomodamenti ragionevoli alle persone con disabilità secondo la legge giapponese

La definizione e l’obbligo di “accomodamenti ragionevoli” secondo la legge giapponese

La legge giapponese per la promozione dell’impiego delle persone con disabilità non si limita a imporre un obbligo passivo di non discriminazione (obbligo di omissione), ma richiede alle aziende un impegno più attivo (obbligo di azione). Questo è l’obbligo di fornire “accomodamenti ragionevoli”, come stabilito nell’articolo 36-2.

Gli “accomodamenti ragionevoli” si riferiscono alle modifiche e agli aggiustamenti necessari e ragionevoli che un datore di lavoro deve effettuare in base alle caratteristiche individuali e alle circostanze della disabilità, affinché i lavoratori con disabilità possano avere pari opportunità e possano esprimere efficacemente le loro capacità, come i lavoratori senza disabilità. Queste sono misure concrete per eliminare le barriere (barrier) sul posto di lavoro causate dalla disabilità.

Gli accomodamenti che dovrebbero essere forniti variano ampiamente. Ad esempio, possono includere:

  • Accomodamenti all’ambiente fisico: regolare l’altezza della scrivania per gli utenti di sedie a rotelle, rimuovere gli ostacoli dai corridoi, installare rampe.
  • Accomodamenti nella comunicazione: introdurre software di lettura dello schermo per lavoratori con disabilità visive, utilizzare la scrittura a mano o interpreti della lingua dei segni nelle riunioni con lavoratori con disabilità uditive.
  • Modifiche flessibili alle regole e alle pratiche: creare manuali di lavoro facili da comprendere con immagini e disegni per lavoratori con disturbi mentali o dello sviluppo, consentire orari di lavoro flessibili per le visite mediche, fornire aree di riposo tranquille per alleviare l’ipersensibilità sensoriale.

Eccezioni al dovere: “Onere eccessivo”

Il dovere di fornire accomodamenti ragionevoli non è illimitato. La legge stabilisce che non vi è obbligo di fornire tali accomodamenti se rappresentano un “onere eccessivo” per il datore di lavoro.

La determinazione di ciò che costituisce un “onere eccessivo” viene fatta su base individuale, considerando complessivamente i seguenti fattori in modo oggettivo:

  • Il grado di impatto sull’attività aziendale (se compromette significativamente le attività produttive o la fornitura di servizi)
  • Il grado di fattibilità (restrizioni fisiche e tecniche, limitazioni umane e organizzative)
  • L’entità dei costi e degli oneri e la situazione finanziaria dell’impresa
  • La dimensione dell’impresa
  • La disponibilità di supporto pubblico per l’attuazione delle misure (sovvenzioni, ecc.)

È estremamente importante notare che, anche se un particolare accomodamento richiesto da un lavoratore con disabilità viene considerato un “onere eccessivo”, ciò non significa che il dovere dell’impresa termini lì. In tal caso, l’impresa deve spiegare alla persona perché l’accomodamento non può essere fornito e discutere approfonditamente con lei per vedere se ci sono altre misure alternative (che comportano un onere minore). Questo processo di “dialogo costruttivo” è parte del dovere richiesto dalla legge. Se un’impresa rifiuta unilateralmente di fornire l’accomodamento e trascura questo processo di dialogo, ciò può essere valutato come un inadempimento dei doveri legali. Pertanto, quando riceve una richiesta di accomodamento, un’impresa deve stabilire un processo interno per dialogare sinceramente e cercare soluzioni.

Confronto tra il divieto di discriminazione e l’obbligo di accomodamento ragionevole

Le due principali obbligazioni legali delle aziende riguardo all’impiego di persone con disabilità in Giappone, il “divieto di trattamento discriminatorio” e l'”obbligo di fornire accomodamenti ragionevoli”, sono strettamente correlate ma di natura diversa. Comprendere accuratamente questa differenza è essenziale per costruire un adeguato sistema di conformità.

CaratteristicheDivieto di trattamento discriminatorioObbligo di fornire accomodamenti ragionevoli
Fondamento legaleArticoli 34 e 35 della Legge giapponese sulla promozione dell’impiego delle persone con disabilitàArticolo 36-2 della Legge giapponese sulla promozione dell’impiego delle persone con disabilità
Natura dell’obbligoObbligo di omissione: l’obbligo passivo di non trattare svantaggiosamente sulla base della disabilità.Obbligo di azione: l’obbligo attivo di agire per rimuovere le barriere.
Principio fondamentaleTrattamento equo: trattare allo stesso modo coloro che si trovano nelle stesse condizioni.Uguaglianza delle opportunità: mirare a risultati sostanzialmente uguali attraverso un trattamento differenziato.
Azioni aziendaliAssicurare che tutte le politiche e le azioni siano neutrali e non portino a svantaggi a causa della disabilità.Dialogare con i lavoratori e, entro i limiti di un onere non eccessivo, identificare e attuare gli adeguamenti necessari.

Come illustrato nella tabella, il “divieto di discriminazione” richiede che tutte le persone, indipendentemente dalla presenza di una disabilità, siano poste sulla stessa linea di partenza. D’altra parte, l'”obbligo di accomodamento ragionevole” richiede di fornire supporto individuale, come l’installazione di rampe, quando è difficile persino posizionarsi sulla linea di partenza, al fine di consentire la partecipazione alla competizione. Solo adempiendo a entrambi questi obblighi, le aziende possono realizzare la vera parità di impiego richiesta dalla legge.

Riassunto

Come abbiamo esaminato in questo articolo, il diritto del lavoro in Giappone impone alle aziende una vasta gamma di obblighi legali per garantire l’uguaglianza nell’impiego. Il rigoroso principio della parità di retribuzione tra uomini e donne secondo la Legge Giapponese sulle Norme del Lavoro, il divieto completo di discriminazione diretta e indiretta stabilito dalla Legge Giapponese sull’Uguaglianza di Opportunità di Impiego tra Uomini e Donne, e il doppio obbligo di proibizione della discriminazione e fornitura di accomodamenti ragionevoli richiesto dalla Legge Giapponese per la Promozione dell’Impiego delle Persone con Disabilità, sono tutti elementi di compliance essenziali che non possono essere ignorati nella gestione aziendale moderna. Il rispetto di queste normative non solo gestisce i rischi legali, ma costituisce anche il fondamento per creare un ambiente di lavoro equo e produttivo, dove le persone con diversi background possono esprimere al meglio le loro capacità.

Il nostro studio legale Monolith ha una vasta esperienza nel fornire consulenza su complesse questioni legali come quelle discusse in questo articolo, a un’ampia gamma di clienti sia nazionali che internazionali. Lo studio include avvocati che parlano inglese e che possiedono qualifiche legali straniere, permettendoci di offrire supporto fluido e specializzato alle imprese globali che devono affrontare le complesse richieste del diritto del lavoro giapponese. Siamo pienamente attrezzati per assistervi nella verifica della conformità delle vostre politiche del personale, nell’affrontare questioni di impiego specifiche e nella riduzione dei rischi legali in Giappone.

Managing Attorney: Toki Kawase

The Editor in Chief: Managing Attorney: Toki Kawase

An expert in IT-related legal affairs in Japan who established MONOLITH LAW OFFICE and serves as its managing attorney. Formerly an IT engineer, he has been involved in the management of IT companies. Served as legal counsel to more than 100 companies, ranging from top-tier organizations to seed-stage Startups.

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